Corpo medio, tannino delicato, aromi terziari di tabacco e pepe nero. Chi lo ama può confermare: il Nerello Mascalese è un gran bel vino, che vive oggi una fase di crescente notorietà tra gli enoappassionati. Non esiste, ad oggi, una Denominazione specifica per questo vino ma è alla base della diffusissima Etna DOC, in cui si esprime con le sue tante qualità.
Se ne potrebbe parlare per ore ma vogliamo condividere con voi quelle che, secondo ilvinodelladomenica.it, sono le 3 cose essenziali da sapere quando si stappa una bottiglia di questo vino.
Le note di degustazione del Nerello Mascalese sono realmente molto vicine al Pinot Nero, l’elegantissimo vitigno principe della Borgogna: piacevole acidità, tannino morbido e leggera trasparenza sono comuni ad entrambi i vini.
Da non confondere con il cugino Nerello Cappuccio, che presenta caratteristiche spesso diametralmente opposte (in primis la struttura, il Cappuccio non si presta a grossi invecchiamenti).
Il Nerello Mascalese è un vitigno autoctono della Sicilia, nato e rimasto in Sicilia: non viene infatti coltivato in altre zone d’Italia, come avviene per altri vitigni che evocano specifici territori come la Grenache o il Primitivo.
Protagonista indiscusso delle vigne sparse sul Mungibeddu (nome dialettale dell vulcano Etna ndr), conserva il suo carattere di vino vulcanico nella nota minerale dei suoi vini. Ma non parliamo di un vino dalla potenza “esplosiva”: siamo davanti ad un bicchiere di grande eleganza, dove tannini ed alcol sono ben bilanciati e non preponderanti.
Il nome di questo vitigno ci racconta molto: Nerello è riferito al colore dell’acino, rosso-violetto (il suffisso diminutivo –ello non confonda i lettori); mentre il termine Mascalese è riferito alla regione dell’antica Contea di Mascali, una lingua di terra tra l’Etna e il mare (siamo nella provincia di Catania, a nord del capoluogo di provincia).
Per approfondire
• Storia di Mascali
• Scheda descrittiva completa da www.vivaiopaulsen.it
• Strada del vino Etna