È una notizia che fa sognare gli amanti del vino e della storia: l'Orisi, un antico vitigno siciliano dimenticato, può finalmente tornare in etichetta. Con l'approvazione del nuovo disciplinare per la Terre Siciliane IGT, il velo di anonimato che per anni ha coperto questo gioiello della biodiversità è caduto. Il merito è della tenuta Santa Tresa di Vittoria, in provincia di Ragusa, che ha creduto in questo vitigno e lo ha riportato in vita dopo decenni. Fino ad oggi, le bottiglie di vino prodotte con Orisi dovevano accontentarsi di una semplice 'O', un simbolo del suo nome "non scritto". Ora, l'Orisi può finalmente reclamare la sua identità, coronando un percorso che unisce passione, ricerca e un profondo rispetto per la storia dell'enologia siciliana.
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Il recupero dell'Orisi non è stato un'impresa semplice. Questo vitigno, nato da un incrocio spontaneo tra Sangiovese e Montonico Bianco, era sopravvissuto in pochi esemplari sui Monti Nebrodi. La sua riscoperta è iniziata nel 2003, grazie a un progetto della Regione Sicilia che ha coinvolto il vivaio Federico Paulsen di Marsala e l'azienda Santa Tresa. Nel vigneto sperimentale della tenuta, un vero e proprio laboratorio a cielo aperto, si sono studiati e recuperati 1.523 ceppi di Orisi, partendo da sole 16 piante. Un lavoro certosino che ha permesso di salvare un pezzo importante del patrimonio genetico della viticoltura siciliana e di guardare a un futuro più sostenibile, con vitigni resistenti e adatti al clima locale.
La storia del recupero dell'Orisi si lega a doppio filo con la storia di Santa Tresa. I fratelli Stefano e Marina Girelli, eno-imprenditori trentini, scoprono la bellezza della Sicilia nei primi anni Novanta. Forte di una lunga esperienza, il loro sguardo coglie subito il potenziale unico della terra rossa di Vittoria. Nel 2001, acquistano la tenuta e avviano un ambizioso progetto di riqualificazione, unendo la tenacia del nord Italia con la passione che solo la Sicilia sa infondere. Questo incontro tra la trentennale esperienza dei fratelli Girelli e la Sicilia più autentica è un esempio perfetto di come la contaminazione culturale possa portare a risultati straordinari, nel rispetto della tradizione e guardando all'innovazione.
L'iscrizione del vitigno al Registro Nazionale, avvenuta nel 2018, si è basata su dati precisi e su un'analisi storica e genetica approfondita. Un "Orisi nera" era già stato segnalato a Cerda (PA) nel 1883, mentre un "Lorisi bianco" a Trapani nel 1881. La sua origine come incrocio tra Sangiovese e Montonico Bianco è stata confermata da analisi molecolari. La descrizione ampelografica della pianta, con il suo germoglio a portamento semi-eretto, le foglie gialle e la sua fertilità media, ha contribuito a definire in modo univoco il vitigno, consolidando le basi per il suo riconoscimento ufficiale.